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La testimonianza di un medico sul «boom» delle droghe nella Svizzera italiana degli anni ’70

Redazione Spazio70

Il dottor Luigi Gilardi su un numero del periodico «Scuola ticinese» (1976)

È importante che io ricolleghi questa breve disamina sulla tossicomania nel settore locarnese a quanto già ebbi a riferire in occasione del simposio di medicina sociale europea tenutosi ad Ascona nel mese di giugno del 1972. Ogni fenomeno arriva da noi con un certo ritardo; quindi l’aver letto e studiato gli articoli di Labhardt, di Bernheim, di Introna, ma specialmente del prof. Solms di Ginevra, ha trovato tutti i colleghi preparati in questo campo. Sorvolo su tutte le cause. Mi aveva però colpito, studiando, l’habitus psicofisico dei tossicomani. […] I primi fenomeni li constatavamo nel 1969. Si trattava di pochi casi: erano dei tentativi tutti volti verso le droghe minori. Il vero «boom» scoppiava nel 1970 e siccome questi giovani, per ora tutti maggiorenni, cozzavano contro il nostro codice penale (commercio di stupefacenti, erotismo morboso, esibizionismo, corruzione di minorenni), provocavano l’intervento della nostra Polizia.

«LA MIA ENORME PREOCCUPAZIONE ERA L’ETÀ CHE SCENDEVA»

Qui voglio aprire una parentesi d’elogio per gli agenti addetti a questa sorveglianza, in quanto in nessun momento agirono in modo inquisitorio e repressivo. Viceversa si sforzarono sempre di medicalizzare tutto. Ogni caso veniva presentato al medico, il quale doveva fare il debito «triage»: esprimere un giudizio diagnostico, se cioè ci si trovava di fronte a dei dipendenti da droga, a degli occasionali, se presentavano sintomi gravi d’intossicazione e dovevano essere ospedalizzati o meglio se dovevano essere mandati ulteriormente presso gli specialisti del ramo. La Polizia, naturalmente, continuava la sua inchiesta e le sue indagini per colpire i trafficanti di droga o coloro che erano palesemente contro la legge. Quindi nel 1969 ricordo d’aver visto privatamente una dozzina di casi, contro i 521 nella Svizzera. Nel 1970, viceversa, le inchieste su simili casi furono ben 87, di cui 75 uomini e 12 donne. Entrava però in quest’annata la constatazione che ben 16 minorenni avevano provato la droga. Questi sono dati d’indagine delle autorità: dobbiamo perciò almeno quadruplicare il numero per avere un’approssimazione.

Arriviamo al 1971. Ricordo che ben 80 inchieste furono esperite, con la percentuale di uomini e donne allo stesso livello, ma con un aumento a 42 casi tra i minorenni. Inoltre segnalo che ci siamo trovati di fronte a ben 23 recidivi. Ricordo che per la maggior parte si trattava di maschi celibi, svizzeri, con una percentuale del 10 per cento di stranieri. Le minidroghe, che da noi arrivano però molto sofisticate, lasciavano man mano il posto alle droghe più forti. Appariva nelle inchieste l’uso dell’oppio, ma particolarmente grave l’uso dell’LSD. La mia enorme preoccupazione era che il limite dell’età scendeva, per cui apparivano i primi casi già nelle classi ginnasiali fra i 14 e i 15 anni. All’uso poi delle droghe succitate, s’aggiungeva la tossicomania da inalazione. Mi apparivano inoltre i primi casi di tossicomania per via endovena. Si trattava appunto di giovani sui 15 anni, che si praticavano delle endovene […] per arrivare infine alla codeina o ad altri prodotti.

«SEMBRANO DEGLI IDEALISTI, DEI MISTICI, E MATURANO L’IDEA DELLA FUGA IN ORIENTE»

Dai genitori portavo l’allarme ai docenti, e specialmente alle direzioni degli istituti, pensando che l’informazione, o meglio l’istruzione in questo campo, fosse determinante ai fini della profilassi. Trovavo però degli accademici oberati di lavoro e di preoccupazioni, che non conoscevano il vero pericolo della droga e quindi non erano in grado di collaborare a una intensa e profonda profilassi. Ci si limitava ad osservare e teorizzare, e certi ottimisti pensavano che il fenomeno si estinguesse da solo, come passano le crisi puberali o altro. Viceversa il fenomeno assumeva proporzioni più vaste e temo che col tempo il limite dell’età scenderà ancora. Naturalmente, chi osserva a fondo questo mondo è il medico pratico, il medico di famiglia: lui ha la possibilità di avvicinare questi caratteriali, questi emarginati. È lui che, mettendosi su un piano di umiltà e di parità riesce a cattivarsi stima, simpatia e riesce a conoscere a fondo tutta questa categoria di giovani.

Tutti questi giovani posti di fronte alle autorità o agli specialisti, temendo punizioni o ospedalizzazioni, bloccano ogni loro rapporto di comunicazione e, peggio, diventano dei mitomani. Il medico pratico, il medico scolastico, dopo averne studiato personalità e stato di salute, riassume e li mette sotto la diretta protezione scientifica dei colleghi specialisti. Solo seguendo questa via si ottengono dei veri risultati tangibili.

Non posso sorvolare su una fenomenologia che appare in questi giovani: quasi tutti sembrano degli idealisti, dei mistici, e in loro matura l’idea della fuga, il desiderio di recarsi in altri paesi ove esistono delle vere sette, ove la droga è già stata o è liberalizzata. Purtroppo, l’estate passata, ho visto almeno 23 giovani partire. Parecchi sono già tornati o sono riandati. La metà arriva ammalata: o di malattie esotiche o veneree o con esperienze più pesanti. Altri arrivano con molto materiale da consumare.

«IL GIOVANE RECUPERATO VIENE RIFIUTATO DA QUESTA SOCIETÀ»

In altre sedi, l’efficacia dei «foyers», l’efficacia di istituti specializzati accostati alle cliniche psichiatriche e l’apporto dato al ricupero di questi giovani, oltre che dagli specialisti, anche da giovani che hanno avuto esperienze in questo settore e che fortunatamente se ne sono potuti liberare, contribuisce a migliorare l’aiuto che si può portare a questi giovani. Non condivido perciò l’opinione pessimistica e buia riferita nei discorsi finali dalle nostre autorità.

Purtroppo, ed è mia constatazione, finora si è fatto troppo poco, e la coordinazione è difficile. Si attende che la commissione a ciò istituita, elabori questo piano di profilassi, di cura e di ricupero. Si attende che vengano costituiti questi «foyers», si aspetta qualche istituto. Sgraziatamente, intanto i casi aumentano. Non sempre vedo che l’istruzione e l’informazione svolta da giornali, dalla radio, dalla TV, specie in ambiente dei docenti o in ambiente familiare dà l’effetto che ci si prefigge. E lì però che bisogna insistere, perché la vera profilassi arriva solo da questo settore.

Il giovane, osservo, accetta a mala voglia l’istruzione in questo campo e, perché impartita da adulti, la nega, e agisce in modo contrario. I miei rapporti annuali al Dipartimento, tramite il medico cantonale, parlano chiaro. Bisogna che si lavori e non si discuta soltanto. Poiché finora mi sembra che il successo, benché minimo, è dovuto solo ai medici generici e ai troppo pochi specialisti, ma manca un’azione attiva e completa cantonale: mancano gli istituti adeguati. E c’è una constatazione drammatica: il giovane che viene recuperato e disintossicato, viene quasi automaticamente rifiutato dalla nostra società; questa società moderna che ha tanta responsabilità nell’averli formati o avviati su questa via.

Il mio augurio è solo questo: che a tanta scienza e teoria subentri una fase attiva per poter, almeno in parte, arginare e bloccare questo triste fenomeno. Concludo questa breve mia prima parte della relazione rispondendo io stesso all’interrogativo di un collega: che ne sarà del futuro? Se non si agisce subito, come detto, io prevedo un’estensione maggiore di tutti questi fenomeni. In più tocco un argomento scientificamente in studio e che veramente mi fa paura: i danni genetici nel prossimo futuro.

«A LOCARNO QUASI TUTTI I TOSSICOMANI SONO PORTATORI DEL VIRUS DELL’EPATITE»

Siamo nel settembre del 1974. Il numero dei tossicomani è aumentato in modo preoccupante. Siamo sempre sull’età giovanile. Il limite d’età è però sceso sotto i 14 anni. Su un totale di 89 persone sotto inchiesta, 13 sono minorenni di cui 3 recidivi. A questo proposito, è interessante seguire quelle 87 persone denunciate nel 1970, di cui: 41 risultano recidive nel 1971; 30 risultano recidive nel 1972 (e fra queste 8 fanno uso di droghe pesanti come morfina ed eroina); 31 risultano recidive nel 1973 (e fra queste ben 19 fanno uso di droghe pesanti). È quasi scomparso l’LSD. Predominano l’hascisc e la marijuana, però la percentuale di chi ha iniziato con l’hascisc ed è arrivato alla morfina e all’eroina appare assai elevata; un giovane è stato denunciato 14 volte, un altro 10 volte. La maggior parte si pratica dei «cocktails» completi, endovena, a base di morfina, di eroina o di oppio, con annessi analettici (caffeina, coramina ) e antiemetici (marzine, trilafon, phenergan). La preparazione di queste miscele con acqua, che riscaldano in endovenosa, rivelano coraggio e molta abilità.

Le siringhe, gli aghi non sterili, alcuni addirittura sporchi ed arrugginiti, usati collettivamente, propagano malattie. Tipica e più frequente l’epatite da siringa. A Locarno quasi tutti i tossicomani si sono contagiati e sono tutti portatori del virus dell’epatite. Questi giovani hanno l’abitudine di inumidire l’ago con la saliva, mettendolo in bocca. Lo fanno istintivamente o per imitazione, senza sapere, e ciò per fortuna loro che la saliva ha forte potere antisettico contro i microbi poiché nel praticare la puntura mai usano le nostre regole di sterilità. Tuttavia, la saliva contiene il virus. Altro dato importante: ai giovani, alle prime armi con la droga, vien dato il prodotto puro. Raggiunta la dipendenza psicofisica, il prodotto vien loro fornito sofisticato, per cui, all’effetto nocivo della droga, si aggiungono gli effetti tossici delle altre componenti. Gran parte di questi giovani vivono asociali, non lavorano o lavorano poco e male. Si trovano in locali a loro noti, ove possono scambiarsi consigli e acquistare merce. Altri invece si isolano in montagna, in baite, ove pensano che nessuno li osserva e li disturba.

Un buon numero di questi si assenta per i viaggi all’estero, come già riferii. Si tratta di un nucleo, ancora tranquillo, apatico, in parte mistico, in parte contestatore. Purtroppo una minoranza di giovani incappa nella Polizia poiché essi rubano, falsificano ricette, rubano nelle farmacie, rubano denaro per procacciarsi la droga. Della stessa ne fanno un commercio, fanno atti contro la morale, provocano incidenti della circolazione alla guida di automobili o di motociclette. Le nostre autorità, rese attente dal lavoro della speciale commissione e particolarmente sollecitate dall’intervento di molti colleghi, dall’agosto 1973, hanno istituito anche a Locarno un Centro di assistenza per minorenni e adulti dediti agli stupefacenti. È aggregato alla Sezione medicopsicologica. Purtroppo non ha dato per ora l’effetto desiderato.

«NEL 1976 SU 70 MILA ABITANTI CIRCA IL 3 PER CENTO HA A CHE FARE CON LA DROGA»

I giovani evitano di consultare gli specialisti, o peggio fingono di seguire cure e consigli per essere protetti e restare in loco. Inoltre al Centro si lavora a orari determinati e i casi gravi – di coma finiti alla rianimazione in ospedale, o ricoverati d’urgenza al Neuro di Mendrisio (per es. 33 ticinesi sono stati ricoverati all’O.N.C. nel 1973/74: manca una statistica precisa per il Locarnese) o visitati in carcere – capitano sempre la sera, la notte o la domenica. Alcuni colleghi poi non collaborano con il Centro. Seguono e curano i tossicomani a modo loro e il più delle volte, per quietarli, forniscono loro quantità esagerate di stupefacenti. Le cure poi uniche e tanto attese col metadone creano dei metadonisti e servono in parte per scambio di merce o vero commercio.

La situazione nel marzo 1976 si è ancora aggravata da noi nel Locarnese: su 70.000 abitanti, circa 220 (3%) hanno a che fare con la droga. Numerosi sono stati i casi di ricovero, aumentati gli arresti, tre casi letali. Il limite inferiore di età è sceso a 13 anni. A livello dei responsabili della prevenzione sul piano cantonale, si è stabilito: 1. di voler istituire la «Sperrliste» per i drogati (analoga alla lista di interdizione federale); 2. d’informare tutti i colleghi medici sull’uso del metadone e la tecnica di somministrazione, con vantaggi e svantaggi dello stesso, nella terapia di disassuefazione alla morfina e all’eroina; 3. di indagare presso tutte le farmacie sul consumo abusivo attuale di medicinali atti a provocare tossicomanie. […] Spero che, sia per la profilassi, sia per il trattamento questi interventi, si realizzeranno miglioramenti decisivi anche nell’ambito della scuola che rappresenta per la gioventù nostra il settore guida in tutto il Ticino.