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Nino Sottosanti, il gemello diverso

Umberto Berlenghini

Nell’ambiente tutti sanno del passato di Sottosanti, ma la cosa non costituisce alcun problema a cominciare da Pinelli che anzi accetta l’offerta di Sottosanti di testimoniare in un processo a favore di un giovane anarchico, accusato di un attentato dinamitardo

«In una città moderna e spettrale, una dittatura sanguinaria elimina i ribelli lasciando i loro cadaveri per strada, impedendo a chiunque di seppellirli, pena la morte. Le autorità vogliono che quei corpi facciano da monito per eventuali altre rivolte». Questo in sintesi è l’incipit di «I cannibali», film di Liliana Cavani, girato nel 1969 a Milano con un giovane Gianni Amelio assistente alla regia: fra le comparse ci sono due uomini somiglianti fra loro che fino a quel momento hanno avuto sporadiche esperienze nel mondo dello spettacolo e che nel lungometraggio della regista carpigiana interpretano un poliziotto e un anarchico: il primo è Pietro Valpreda, il secondo è Antonino Sottosanti, meglio conosciuto come «Nino il fascista»

I due ignorano che di lì a pochi mesi i loro nomi resteranno legati per sempre, ma non nella storia del cinema.

DAL FASCISMO ALL’ANARCHIA

Nino Sottosanti

Nato nel 1928 a Verpogliano, un paesino non lontano da Gorizia, che dopo la guerra diventerà sloveno, Sottosanti è figlio di siciliani; suo padre, fascista convinto, era temuto dalla comunità slava del posto per la violenza con cui imponeva l’uso della lingua italiana anche ai bambini che all’occorrenza puniva con uno sputo in bocca: l’uomo verrà trovato assassinato quando Nino ha solo due anni. La tragica morte del padre fa di Nino un «figlio di martire fascista»; pochi anni dopo, insieme alla sorella, Nino si fa immortalare in una foto accanto al Duce.

Terminata la guerra, Sottosanti non abbandona l’amore viscerale che ha verso il fascismo e soprattutto verso Mussolini; di scarsa cultura, se non quella giuridica, Sottosanti passa ore e ore a leggere il Codice Penale, l’unico libro che ha sul comodino. Dopo essere stato abbandonato dalla moglie per fare la ballerina in un night club, verso la fine degli anni Cinquanta, Sottosanti si arruola nella Legione Straniera col nome di Alfredo Solanti e viene spedito in Algeria, inquadrato nell’Equipe Reinsegnement Action, il servizio segreto della Legione. Dopo il suo rientro in Italia, nel 1966 Sottosanti diventa segretario della sezione milanese di Nuova Repubblica, il movimento politico conservatore fondato da Randolfo Pacciardi; ma è sul finire di quel decennio che si avvicina prima all’area nazimaoista di Lotta di Popolo poi al mondo anarchico del capoluogo lombardo dove ben presto conosce uno dei suoi leader, il ferroviere Giuseppe Pinelli.

Nell’ambiente tutti sanno del passato di Sottosanti, soprannome compreso, ma la cosa non costituisce alcun problema per nessuno a cominciare dallo stesso Pinelli che anzi accetta l’offerta di Sottosanti di testimoniare in un processo a favore di un giovane anarchico, accusato di un attentato dinamitardo: l’autore si chiama Tito Pulsinelli, ha 21 anni, su lui e Sottosanti circolano voci di una presunta relazione omosessuale.

Se non la relazione, di certo è il denaro promesso a spingere Sottosanti a testimoniare il falso per scagionare Pulsinelli, ritenuto innocente da Pinelli. La famiglia Pulsinelli è ben lieta di ospitare Sottosanti nella loro casa di Pero, periferia di Milano, elargendo all’ex legionario la somma di trenta mila lire come argent de poche.

Il 28 novembre 1969 Sottosanti arriva così a Milano da Piazza Armerina, una cittadina vicino Enna dove si è da poco trasferito nella casa della madre; in un paio di settimane porta a termine la sua missione, pronto a fare ritorno in Sicilia. Durante la notte fra l’11 e il 12 dicembre, la signora Pulsinelli sente che Sottosanti non riesce a chiudere occhio, non fa altro che camminare su e giù per la camera da letto impregnandola col fumo delle sigarette. Nella tarda mattinata del 12, Sottosanti si reca da Pinelli per ritirare un assegno di quindici mila lire ricevuto dal ferroviere a titolo di rimborso spese; i due pranzano insieme, poi si recano in un bar per una tazzina di caffè seguita da una veloce partita a carte; infine arriva il momento di dividersi con Sottosanti che si reca in banca a riscuotere l’assegno, per proseguire subito dopo per Pero dove i Pulsinelli lo vedono arrivare fra le 16.30 e le 17.00, cioè quando a piazza Fontana esplode un ordigno che uccide diciassette persone.

IL LIBRO «LA STRAGE DI STATO»

Al momento di essere interrogato, Pinelli tace su Sottosanti e sulla ragione del suo soggiorno milanese: confessare in quel momento di aver pagato qualcuno per testimoniare il falso a favore di un attentatore anarchico, significa mettersi nei guai. Quando il ruolo di Sottosanti viene alla luce, la somiglianza fra lui e quello che fino a quel momento è il principale accusato della strage, è più che evidente: Valpreda e Sottosanti sarebbero due gocce d’acqua se non fosse per quei pochi centimetri in più di altezza e per i pochi capelli in meno che ha l’ex legionario rispetto all’ex ballerino. Secondo un giornalista dell’Unità lo stesso Cornelio Rolandi, il tassista teste a carico di Valpreda, avrebbe riconosciuto quest’ultimo in una foto che in realtà ritraeva Sottosanti.

Soltanto nel febbraio del 1970 Licia Pinelli parla per la prima volta di Sottosanti e della sua presenza il 12 dicembre a casa del marito, dopo cioè che i giornali hanno scoperto l’esistenza di questo misterioso sosia di Valpreda: fino a quel momento la vedova Pinelli aveva taciuto su Sottosanti come aveva fatto precedentemente suo marito. Inizia intanto la campagna stampa in favore dell’innocenza di Valpreda che trova nel celebre pamphlet La strage di stato la punta di diamante: il libro è scritto da un gruppo di militanti della sinistra extraparlamentare autonominatosi Comitato di Controinformazione; pubblicato nel giugno del 1970, in poche settimane vende ventimila copie, altrettante dopo la prima ristampa, per arrivare a quota cinquecentomila sette anni più tardi: un libro memorabile che tanto ha influenzato e influenza ancora oggi il metodo di lettura dei fatti di piazza Fontana.

Fra i documenti che il Comitato si ritrova fra le mani ci sono anche le due famigerate veline del SID del 16 e 17 dicembre che inchiodano Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale e Mario Merlino, ex avanguardista poi diventato anarchico, alle loro responsabilità di autori degli attentati avvenuti a Roma. Oggi sappiamo che la gran parte del materiale presente nel libro è di provenienza del SID: lo conferma il suo editore Giulio Savelli il quale, giurando sulla buona fede di tutti, ammette l’intossicazione provocata dai servizi anche con i buoni uffici di Giovanni Ventura, poi imputato per la strage, un’intossicazione il cui odore acre era stato invece fiutato da Giangiacomo Feltrinelli, tanto da fargli rifiutare la proposta di pubblicazione.

Se dovessimo riassumere in poche parole quali sono stati gli obiettivi verso i quali la maggior parte delle tesi del libro si sono scagliate, questi sono Junio Valerio Borghese, fondatore del Fronte Nazionale e Delle Chiaie, con il presunto grand commis Federico Umberto D’Amato dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, «acerrimo» nemico del SID. È la magistratura a scoprire la genesi di La strage di statoVittorio Occorsio lo fa capire in un’intervista al Giornale d’Italia ma soprattutto sono le indagini del giudice Gerardo D’Ambrosio a fornire le prove dell’intervento del SID nella stesura di quel libro, dando modo a Giorgio Bocca di definirlo una raccolta di «notizie del diavolo». Ma ormai i «buoi sono scappati dal recinto» e ancora oggi molti ritengono La strage di stato un masterpiece del giornalismo d’inchiesta, utile per comprendere i fatti di piazza Fontana e la cosiddetta strategia della tensione.

Ma torniamo a Sottosanti e a quel 1970.

Ai redattori di Controinformazione non pare vero di avere fra le mani la storia di un fascista presente a Milano il giorno della strage e che, guarda caso, somiglia al principale accusato che fascista non è; il teorema è quello di una diabolica macchinazione che vuole Sottosanti reclutato per mettere nei guai gli anarchici, lui che nella realtà dei fatti ha appena rischiato la galera con la testimonianza a favore di uno di loro; l’ipotesi è quella di Sottosanti presente a piazza Fontana al posto di Valpreda, tesi questa chissà se influenzata dal film della Cavani. Insieme a molti dei protagonisti citati loro malgrado nel libro, anche Sottosanti querela la casa editrice; nessuno tiene conto della testimonianza dei Pulsinelli che confermano la presenza dell’ospite nella loro casa proprio nel momento in cui scoppia la bomba. Sottosanti diventa l’attentatore materiale al servizio degli apparati dello Stato, ma non verrà mai rinviato a giudizio.

Se non ci fossero di mezzo diciassette morti e quasi cento feriti, questa storia sarebbe piaciuta a Georges Feydeau, specie nel suo volgersi a farsa quando, dopo Sottosanti, di gemelli di Valpreda la controinformazione ne scova altri due, manco a dirlo sempre di estrema destra, per un totale di un anarchico e tre fascisti gemelli per un attentato. All’intelligenza.

 

FONTI: Gianni Flamini Il partito del golpe (vol. III tomo 1) Bovolenta, Ferrara 1983, Francesco Buscemi Invito al cinema di Liliana Cavani Mursia, Milano 1996, Luciano Lanza Bombe e segreti Eleuthera, Milano 1997, Giorgio Boatti piazza Fontana Einaudi, Milano 1999, Corriere Della Sera, 19 giugno 2000, Eduardo Di Giovanni e Marco Ligini (a cura di) La strage di Stato Odradek, Roma 2000 (riedizione), Pierangelo Maurizio piazza Fontana Maurizio Edizioni, Roma 2001, Diario, 30 agosto 2002, Aldo Giannuli Bombe a inchiostro Rizzoli, Milano 2008, Paolo Cucchiarelli Il segreto di piazza Fontana Ponte alle Grazie, Milano 2009