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Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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«Contestiamo la contestazione», un documento degli universitari Dc (gennaio 1969)

Redazione Spazio70

Per approfondire: «Biografia del Sessantotto», di Giuseppe Carlo Marino, Bompiani, 2008

«Il novanta per cento di noi se ne infischia; su per giù un otto per cento manifesta la propria ebefrenia facendo baccano per le strade, accodandosi al gruppo dei rivoluzionari impegnati. Questi ultimi, anche se gonfiati dalla gratuita pubblicità della stampa, non superano il due per cento circa della nostra gloriosa falange di pecore. Sono coloro che monopolizzano il movimento studentesco. Essi dicono di essere i rappresentanti degli studenti, anche se nessuno ricorda di averli eletti. I professori sono pronti a trattare benevolmente con loro, riconoscono il sacro diritto di chi grida più forte. Ci insegnano a distruggere la società perché è marcia. Ci ripetono l’originalissimo slogan “lotta contro i padroni, lotta di classe, lotta per il potere”. Col che tutto si mette a posto.

«NOI OSIAMO DUBITARE CHE QUANDO AVRANNO IL POTERE POTREMO ANCORA PENSARE CON LA NOSTRA TESTA»

I nostri “big” ci dicono di avere scoperto formule nuove da opporre alla superata mentalità degli integrati della società da distruggere. Il loro preziosismo paroliero si condensa però solo in quei pochi fiacchi slogan che riempirono la bocca dei nostri bisnonni, dei quali hanno rispolverato la barbuta messinscena. Non hanno peraltro gli alibi dei cari antenati, i quali vivevano in una società di poco benessere e non conoscevano la deprimente esperienza delle economie comuniste nate dalle loro rivoluzioni che hanno edificato la naia per tutti, l’immiserimento del popolo e un autoritarismo dei gerarchi superiore a quello dei vecchi padroni.

Recitano i pensieri di Mao, secondo il quale “il potere nasce dalla bocca del fucile”, e non importa se i nostri colleghi di trent’anni fa leggevano le massime di Mussolini secondo le quali il potere sarebbe stato sulla punta delle baionette.

Noi osiamo dubitare che quando li avremo fatti andare al potere allora ci sarà consentito di pensare con la nostra testa (basti pensare ai nostri colleghi cecoslovacchi). Noi vorremmo solo che tutti gli studenti, senza essere strumentalizzati da nessuno, facessero democraticamente sentire la loro autentica voce e dessero il loro effettivo contributo non con una vuota contestazione, non per distruggere, ma per raddrizzare ciò che è storto nella scuola e, perché no, anche nella società»