Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
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Dice Silvio Berlusconi: «Io vado più spesso all’estero che a Roma». E’ il personaggio emblema degli imprenditori emergenti. Figlio di un direttore di banca, industriale “prima generazione”, cavaliere del lavoro a quarant’anni, milanese al punto da aver messo il biscione visconteo sul suo “stemma”. Vanta un buon curriculum culturale: ha appena scritto la prefazione, e curato una nuova edizione dell’Utopia di Tommaso Moro.
Dice: «Oltre alle doti tradizionali – fiuto, grinta, capacità di organizzazione, efficienza, l’imprenditore di oggi deve avere anche un pizzico di fantasia in più e una solida preparazione culturale».
Come costruttore di centri residenziali, Berlusconi ha dovuto fare i conti con il potere politico.
«L’imprenditore italiano – spiega – ha molta sfiducia verso la classe politica, come pure verso le proprie associazioni di categoria. Questo imprenditore (colui che crea ricchezza per sé e per gli altri) è abituato a fare i conti con l’alto costo del denaro, a sgomitare con le esportazioni; è aiutato dalla poca conflittualità sindacale che finora si è avuta nelle imprese piccole».
Un imprenditore «convinto nella necessità che le aziende restino piccole» perché «ci si deve preoccupare della qualità prima che della quantità dei suoi collaboratori». E su questo s’innestano altri princìpi: le persone devono essere responsabilizzate per quel che fanno, ma devono anche «sentirsi capite, realizzate, e poter progredire nell’azienda».
Dopo tutto è questo «modello di efficienza privatistica» che ha salvato Milano, e l’economia italiana, dal tracollo dei giganti dell’industria.
Ma basta che l’imprenditore faccia quadrare i conti in azienda? Berlusconi risponde di no: «C’è bisogno di una presa di coscienza: quando la cascina brucia, tutti devono prendere secchi e gettare acqua».
E’ un appello? «Sì, un appello agli imprenditori, alle forze vive perché partecipino di più. Adesso partecipano gli emarginati: devono partecipare anche gli arrivati. Non servono a niente i piagnistei da salotto, se non ci si impegna direttamente». E poi: «Quelle persone che hanno dimostrato di saper mandare avanti le aziende, devono convincersi di partecipare alla cosa pubblica». Un impegno politico? «Se non si riesce a dare cambio a questa classe politica, ci aspettano tempi duri». Per questo s’è impegnato nel settore dell’editoria e delle TV private: perché vuole che certe idee siano diffuse.
Ma Berlusconi non soffre di pessimismo: «Gli investimenti del mio gruppo – spiega- sono soprattutto in Italia: dal quartiere di Milano 3 al nuovo centro per grossisti a Lacchiarella, vicino allo svincolo dell’autostrada, proprio dove era stato previsto dalla Regione».
I rapporti col potere politico sono difficili? «Così difficili che, a volte, si ha quasi l’impressione che regioni, comprensori, comuni siano macchine perfette per proibire». E tuttavia Berlusconi è sicuro che il vento stia cambiando: «Ci sono segni positivi, è possibile la fine di una politica punitiva nei confronti dell’imprenditoria privata». In questo senso «il ruolo di Milano è quello di costruire una cerniera tra l’Italia e l’Europa». E gli imprenditori devono contribuire al rinnovamento, rompendo anche «l’isolamento colpevole della casta politica». Questa è la “filosofia” di Berlusconi, che si considera «uomo di centro un po’ spostato a sinistra».
E’ vero che farebbe volentieri il parlamentare europeo? «E’ già abbastanza difficile far bene l’imprenditore. Escludo quindi categoricamente qualsiasi tentazione di questo tipo!»
[Tratto da: Walter Tobagi, «Il nuovo imprenditore lombardo fa la corte all’Europa», Corriere della sera, venerdì 22 dicembre 1978, pp.1 -2]