logo Spazio70

Benvenuto sul nuovo sito di Spazio 70

Qui potrai trovare una vasta rassegna di materiali aventi ad oggetto uno dei periodi più interessanti della recente storia repubblicana, quello compreso tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta del secolo scorso.
Il sito comprende sei aree tematiche e ben ventidue sottocategorie con centinaia di pezzi su anni di piombo, strategia della tensione, vicende e personaggi più o meno misconosciuti di un’epoca soltanto apparentemente lontana. Per rinfrescare la memoria di chi c’era e far capire a chi era troppo giovane o non era ancora nato.
Buona lettura e non dimenticare di iscriverti sulla «newsletter» posta alla base del sito. Lasciando un tuo recapito mail avrai la possibilità di essere costantemente informato sulle novità di questo sito e i progetti editoriali di Spazio 70.

Buona Navigazione!

«Un uomo di centro un po’ spostato a sinistra». L’intervista di Walter Tobagi a Silvio Berlusconi

Redazione Spazio70

«Il ruolo di Milano? E' quello di costruire una cerniera tra l'Italia e l'Europa»

Dice Silvio Berlusconi: «Io vado più spesso all’estero che a Roma». E’ il personaggio emblema degli imprenditori emergenti. Figlio di un direttore di banca, industriale “prima generazione”, cavaliere del lavoro a quarant’anni, milanese al punto da aver messo il biscione visconteo sul suo “stemma”. Vanta un buon curriculum culturale: ha appena scritto la prefazione, e curato una nuova edizione dell’Utopia di Tommaso Moro.

«L’IMPRENDITORE ITALIANO? HA MOLTA SFIDUCIA VERSO LA CLASSE POLITICA»

Silvio Berlusconi in una curiosa immagine risalente alla seconda metà degli anni Settanta

Dice: «Oltre alle doti tradizionali – fiuto, grinta, capacità di organizzazione, efficienza, l’imprenditore di oggi deve avere anche un pizzico di fantasia in più e una solida preparazione culturale».

Come costruttore di centri residenziali, Berlusconi ha dovuto fare i conti con il potere politico.

«L’imprenditore italiano – spiega – ha molta sfiducia verso la classe politica, come pure verso le proprie associazioni di categoria. Questo imprenditore (colui che crea ricchezza per sé e per gli altri) è abituato a fare i conti con l’alto costo del denaro, a sgomitare con le esportazioni; è aiutato dalla poca conflittualità sindacale che finora si è avuta nelle imprese piccole».

Un imprenditore «convinto nella necessità che le aziende restino piccole» perché «ci si deve preoccupare della qualità prima che della quantità dei suoi collaboratori». E su questo s’innestano altri princìpi: le persone devono essere responsabilizzate per quel che fanno, ma devono anche «sentirsi capite, realizzate, e poter progredire nell’azienda».

Dopo tutto è questo «modello di efficienza privatistica» che ha salvato Milano, e l’economia italiana, dal tracollo dei giganti dell’industria.

«REGIONI E COMUNI SONO MACCHINE PERFETTE PER PROIBIRE»

Ma basta che l’imprenditore faccia quadrare i conti in azienda? Berlusconi risponde di no: «C’è bisogno di una presa di coscienza: quando la cascina brucia, tutti devono prendere secchi e gettare acqua».

E’ un appello? «Sì, un appello agli imprenditori, alle forze vive perché partecipino di più. Adesso partecipano gli emarginati: devono partecipare anche gli arrivati. Non servono a niente i piagnistei da salotto, se non ci si impegna direttamente». E poi: «Quelle persone che hanno dimostrato di saper mandare avanti le aziende, devono convincersi di partecipare alla cosa pubblica». Un impegno politico? «Se non si riesce a dare cambio a questa classe politica, ci aspettano tempi duri». Per questo s’è impegnato nel settore dell’editoria e delle TV private: perché vuole che certe idee siano diffuse.

Ma Berlusconi non soffre di pessimismo: «Gli investimenti del mio gruppo – spiega- sono soprattutto in Italia: dal quartiere di Milano 3 al nuovo centro per grossisti a Lacchiarella, vicino allo svincolo dell’autostrada, proprio dove era stato previsto dalla Regione».

I rapporti col potere politico sono difficili? «Così difficili che, a volte, si ha quasi l’impressione che regioni, comprensori, comuni siano macchine perfette per proibire». E tuttavia Berlusconi è sicuro che il vento stia cambiando: «Ci sono segni positivi, è possibile la fine di una politica punitiva nei confronti dell’imprenditoria privata». In questo senso «il ruolo di Milano è quello di costruire una cerniera tra l’Italia e l’Europa». E gli imprenditori devono contribuire al rinnovamento, rompendo anche «l’isolamento colpevole della casta politica». Questa è la “filosofia” di Berlusconi, che si considera «uomo di centro un po’ spostato a sinistra».

E’ vero che farebbe volentieri il parlamentare europeo? «E’ già abbastanza difficile far bene l’imprenditore. Escludo quindi categoricamente qualsiasi tentazione di questo tipo!»

[Tratto da: Walter Tobagi, «Il nuovo imprenditore lombardo fa la corte all’Europa», Corriere della sera, venerdì 22 dicembre 1978, pp.1 -2]