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Giorgio Almirante intervistato da Giampaolo Pansa (1970)

Redazione Spazio70

da: «Squadristi in doppiopetto», La Stampa, 6 dicembre 1970

Onorevole Almirante, a Cuneo l’aspettano per un comizio… «Ci andrò, ci andrò». Quando? «Non lo so. Penso durante una campagna elettorale, quando il signor prefetto non può vietarmelo ». Perché non c’è andato a maggio, per le ultime elezioni? «Non potevo parlare dappertutto. Ho scelto le piazze più utili. Cuneo non era una piazza utile». E’ vero che lei ha paura di andare a Cuneo? Gli occhi verde-grigio di Almirante sono gelide biglie di vetro: «Pensi quello che vuole». Ma ce l’ha paura? « Io ho sempre paura, ma sono 25 anni che la supero col coraggio. Lei crede che si possa stare a questo posto impastati di paura? ». Il segretario del MSI sorride sornione: «Lei crede che non mi avrebbero accolto a braccia aperte i partiti democratici? Lei crede che non mi dicano tutti i giorni: oh, come saremmo lieti se tu… ».

Le hanno offerto di lasciare il MSI? «Offerte esplicite no, sapevano che gli avrei sputato in faccia. Sollecitazioni gentili, tante. Ma io resto a questo posto, anche se sono momenti duri e altri più duri ne verranno. Vedo la situazione in termini drammatici ». Tanto drammatici da rischiare la pelle? «Esattamente». Potremmo arrivare alle soglie della guerra civile? «Senza dubbio. Non la desidero affatto, sarei un suicida, ma tutto mi fa pensare cosi… »

Il mio viaggio attraverso l’estrema destra comincia con questa profezia lugubre. Almirante me la fa nella sede nazionale neofascista, a Palazzo del Drago. Sembra più vecchio dei suoi 56 anni: asciutto ma livido, tutto occhiaie, la faccia un po’ disfatta di chi tira in lungo la notte. L’ufficio ha un’aria neutrale. Mussolini non c’è, da tempo l’hanno trasferito in anticamera, in un angolo in cui nessuno lo vede. Di nero sono rimaste solo due cose: un labaro delle ausiliarie di Salò (la repubblica filonazista non è rinnegata) ed il quadro della situazione italiana che Almirante si porta ficcato in mente. E’ un complotto. Vediamolo assieme.

L’Italia democratica è alla vigilia del collasso. La DC, «passeggiatrice della politica», si è arresa. Il PSI è un cavallo di Troia. Il PCI, ormai nell’area del potere, è divenuto l’arbitro assoluto della vita nazionale. Così le istituzioni crollano sotto i colpi della minoranza comunista che insidia la sicurezza, il lavoro, i nostri beni. Così il rosso contagia tutto: la famiglia, la scuola, la magistratura, la gioventù, la cultura. In questo quadro s’innesta — è la convinzione di Almirante — un piano preciso del PCI e del PSI. Sino al 28 giugno 1971, per paura di elezioni anticipate, non avverrà nulla. Dopo, quando per sei mesi non sarà possibile sciogliere le Camere, potranno accadere molte cose. Per esempio, un governo DC-PSI condizionato dal PCI, preparando l’ingresso ufficiale dei comunisti nella maggioranza e predeterminando lo schieramento che a dicembre eleggerà il nuovo Presidente della Repubblica.

ELEZIONI E PIAZZA

«Attenzione, però — ammonisce Almirante —  Se crescesse la tensione, il MSI raddoppierebbe almeno i voti. Lei conosce il modo in cui si formano le valanghe? Il PCI lo conosce e non è disposto a fare questo regalo alla destra. Perciò il PCI tenterà d’arrivare alle elezioni avendo fra le mani tutte le chiavi del potere, al limite, in modo da poter perfino impedire che le elezioni del 1973 si svolgano con le garanzie democratiche…». Si rende conto della gravità di ciò che sta dicendo? «Sì, e tutta la nostra politica è in funzione di queste previsioni. Il PCI si è già opposto alle elezioni anticipate nel luglio di quest’anno. Se Saragat avesse sciolto le Camere, i comunisti sarebbero scesi in piazza per impedire le elezioni. Questo è quel che potrebbe avvenire, se le cose continuassero come oggi».

Onorevole Almirante, non è una visione deformata fino alla caricatura della realtà? «Legga i giornali e vedrà. Che fare allora? Bisogna bloccare la scalata al potere del comunismo. Io da solo non ci riuscirei, ma neanche gli altri possono farlo senza di me. Per questo io propongo l’unione di partiti, forze, gruppi, categorie, cittadini che non vogliono soccombere. Propongo un fronte: il fronte articolato anticomunista. Il MSI sarà uno dei punti di forza della barriera ». Almirante dimentica, o finge di dimenticare, che pochi democratici farebbero credito ai fascisti per difendere la libertà. E continua: «Nel 1946 eravamo in cinque; adesso siamo 400 mila con un milione e 800 mila voti ». Un partito «ghibellino cattolico» compatto attorno ad Almirante e senza «il lusso» delle correnti. Un partito non più rissoso, «anche se non mi stupirei di apprendere che due nostri iscritti si sono bastonati». E soprattutto un partito «denostalgizzato». Da Sansepolcro a Salò, tutti i ricordi sono finiti in soffitta. La parola «fascismo» non compare neppure una volta nella mozione finale del congresso. Il MSI s’è tolto la camicia nera per indossare il doppiopetto grigio della destra pura. Una destra con grinta e ogni giorno più violenta. Michelini vivacchiava nei corridoi del sottogoverno: Aimirante va all’offensiva sulle piazze. La sua gestione aggressiva ha consentito al MSI di tentare il recupero dei gruppetti dissidenti, dello spontaneismo nero.

«Non era un’impresa facile» ammette Almirante. Con «Ordine nuovo», il gruppo «più consistente e più nobile», è riuscita. Gli altri sono rimasti fuori, ma non contano. Neppure il «Fronte nazionale» di Junio Valerio Borghese conta? «Voglio bene al comandante Borghese, ma non mi sono accorto del suo peso politico. Per carità, i suoi appelli sono nobilmente utili, e io lo prenderei nel MSI con tutto, il cuore. Ma il suo fronte non è funzionante, è solo una forza sentimentale». E gli altri gruppetti neri? Almirante fa una smorfia. Li disprezza? «Non l’ho detto: dico solo che non hanno alcun interesse». «La destra siamo noi e solo noi » ammonisce. Una destra «capace di presentarsi quale difesa dell’ordine nella giustizia» e che ha capito di poter contare solo se si mette al servizio di un gioco più ampio di quello della nostalgia.

E’ il discorso del fronte anticomunista, un discorso rozzo ma efficace, sul quale adesso Almirante ritorna: « Non sono un velleitario, non propongo il Centro Destra, una volta fatto il quale metterei fuori legge il PCI. So benissimo che l’onorevole Tizio o Caio della DC, del PSU, del PRI non possono in questo momento discutere ufficialmente con me. Dico solo che il MSI è disponibile coi suoi parlamentari, con la sua forza nelle Regioni, nei comuni, nella scuola… ». Onorevole, questo mi ricorda un titolo di Rinascita: «Giorgio Almirante offresi». Lui scatta, mi spiana la matita contro. Il padre e gli zii, registi e attori celebri di, teatro, gli hanno davvero lasciato non solo una voce bene impostata, ma il gusto della scena: « D’accordo, però io mi offro gratis e a mio rischio e pericolo, e per salvare l’Italia minacciata nella sua civiltà». Il segretario del MSI è certissimo che questo pericolo esista e al congresso ha avvertito: «Noi prepariamo la gioventù ad uno scontro frontale». Come la preparate? «In senso morale e spirituale, s’intende. Però se la situazione degenera per colpa d’altri, per esempio perché il PCI tenta d’impedire domani o nel 1973 libere elezioni, allora io ho la franchezza di dire che i profeti disarmati non ‘ mi piacciono, che combatterò con tutti i mezzi».

DOV’È LA MAFIA

Questa catastrofe non è lontana, sembra presagire Almirante. «Prevedo il peggio. Le forze dell’ordine hanno l’ordine di tutelare il disordine». I suoi giudizi sono pesantissimi. Restivo e il capo della polizia Vicari «sono la mafia installata al Viminale ». L’ultimo questore di Milano, Guida, s’è rivelato «un autentico imbecille ed irresponsabile». Aggiunge poi di ritenere («anche questo è grave, ma lo dico») che il ministero dell’Interno stabilisca diversi gradi di tutela a seconda dei partiti: « Per il MSI credo che l’ordine sia di tutelarci con riserva ». Ecco perché esistono i « volontari » del MSI. E’ una organizzazione paramilitare? « Ma le pare possibile? Non abbiamo corsi di questo genere ». Per Almirante, i « volontari » sarebbero solo dei giovanotti muniti di bandiera e con puri compiti difensivi. E le aggressioni fasciste di Milano, Trento, Cuneo, Roma, Varese, Reggio? «In 25 anni non ho mai dato un ordine di attacco» replica Almirante, poi difende i «ragazzi» e nega loro ogni attitudine alla violenza: «Non parli di violenza, ma di forza. E niente squadrismo nuovo: abbiamo solo intenzione di difenderci, nella coscienza di difendere tanti altri cittadini, lei compreso…. ».

TANTE SCONFITTE

Gli osservo che sono i suoi «ragazzi» quelli che hanno cercato una volta di pestarmi. Anche per questo, dico, spero che il «fronte» non vi riesca: del resto siete un partito che politicamente «sporca», isolato…. « Lei si sbaglia. Lo eravamo. Adesso non lo siamo affatto. Si imporrà uno stato di necessità da destra». Il neofascismo come «alleato per forza» nei giorni caldi, la radicalizzazione delle vicende politiche come unica speranza di dare significato alla presenza del MSI sulla scena. Questo Almirante non lo dice, ma prevede cinque o sei anni decisivi per il partito: «O acquistiamo un senso, o bisognerà tentare altre strade politiche». Le sue speranze sono vive, malgrado le tantissime sconfitte, dal 25 aprile alle Regioni, al divorzio. Gliele ricordo e Almirante si raggela, poi risponde un po’ torvo:

«Senta, lei: è proprio convinto che coloro che hanno determinato il corso della storia non siano passati attraverso un calvario di sconfitte? Le nostre sconfitte, semmai, ci accreditano». Vedremo dove questo «calvario » porterà il leader del MSI. Usciamo. Nell’atrio lo aspettano il federale di Roma e altri capi minori, Rauti e Anderson. Un fascista a me ignoto loda la «sintassi» del segretario e le sue virtù oratorie, altri lo salutano col braccio teso. Ridiamo tutti mentre Almirante si abbandona docile al fotografo. Gli dico che i suoi occhi verde-grigio sono bellissimi, e lui risponde allegro: «Quando sarò al potere, a chi non ha gli occhi come me: pumpum-pum… ». Rido, poi mi viene in mente Almirante segretario di redazione alla Difesa della razza e allora, di colpo, non rido più.