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Un mostro che odia chi si ama. La terribile fine di Susanna Cambi e Stefano Baldi

Redazione Spazio70

Da un articolo di Alberto Salani per «Epoca» (1981)

La VW «Golf» di Stefano Baldi e Susanna Cambi

Erano fidanzati da sette anni e stavano per sposarsi. Stefano Baldi aveva 26 anni, un impiego presso un lanificio, da poco possedeva un’auto, una Golf nera diesel. Lei, Susanna Cambi, era più giovane di lui di un paio d’anni, una ragazza bruna e allegra che da tempo sognava quel giorno di gennaio in cui sarebbero andati a nozze. Quella sera avevano cenato a casa di Stefano, a Calenzano, poi erano usciti dicendo che andavano al cinema a Firenze. Una piccola bugia, volevano invece star soli come altre volte, nella intimità della loro auto parcheggiata in un viottolo deserto fra campi di ulivi e di viti.

Il posto lo conoscevano bene (la casa di Stefano è a poche centinaia di metri), c’è buio e tranquillità, spesso la strada vicina ospita altre auto di innamorati, nessuno mai li aveva disturbati. Stefano e Susanna erano sereni e felici, si abbracciavano e si amavano, i finestrini chiusi li isolavano dal buio della notte, fra qualche mese, dopo le nozze, anche loro avrebbero avuto una casa, una stanza, un letto.

L’uomo aveva scorto l’auto arrivare e fermarsi al solito posto. Per non essere visto doveva avvicinarsi dalla parte del canneto, poi avanzare protetto dai filari di viti. Eccolo, dunque, a due passi dall’auto, dietro i vetri le sagome dei due giovani abbracciati. L’uomo spara un colpo poi un altro, colpisce prima Stefano, poi Susanna, dalla pistola calibro 22 escono altri colpi. Forse Stefano è già morto e mentre Susanna spira le sue dita sembrano accarezzare ancora i capelli del fidanzato. Ora l’uomo afferra il corpo di Stefano e lo abbandona davanti all’auto in un fosso, quindi trascina il cadavere della ragazza a pochi metri, fra le viti. L’assassino estrae un coltello… Sono le undici e mezza di sera di giovedì 22 ottobre.

UN ALLUCINANTE RITUALE DI SANGUE

«Sì, li ho trovati io, la mattina. Quell’auto bloccava il passaggio alla mia Vespa, così sono sceso per dire che la spostassero. Per primo ho scorto il corpo del ragazzo, seminudo nell’erba. Poi ho visto la donna…». Arnolfo Corsani ha 79 anni, è un contadino ancora forte e robusto, ma non ha più parole per raccontare la scena orribile di quella mattina. «Uno strazio, uno strazio, come è possibile fare cose così atroci?». Si allontana ripetendo come fra sé che non potrà mai dimenticare ciò che ha visto, il corpo martoriato di una giovane donna alla quale un mostro ha tagliato il pube.

E’ una realtà difficile da raccontare quella che Firenze sta vivendo in questi giorni: c’è un pazzo assassino che uccide e infierisce sui corpi delle vittime seguendo un allucinante rituale di sangue. Ha già ucciso sei volte e si teme possa colpire ancora molto presto. Sei ragazzi, tutti sui vent’anni, sono stati trucidati a colpi di pistola e a coltellate. I primi a cadere ammazzati furono, il 15 settembre del 1974, Stefania Pettini e il fidanzato Pasquale Gentilcore, due giovani di Borgo San Lorenzo. Anche loro furono sorpresi nella notte a bordo di un’auto: l’assassino li uccide a colpi di pistola (calibro 22) e poi infierisce sul corpo della ragazza con un cacciavite, quasi centro colpi tutti al basso ventre.

Prima di scomparire, il mostro infila nella vagina della ragazza un tralcio di vite. Un delitto atroce che la polizia non riuscirà mai a risolvere.

LA CERTEZZA CHE SI TRATTI DELLA STESSA PERSONA

Il sei giugno di quest’anno il pazzo assassino riappare sulla scena. Carmela De Nuccio e Giovanni Foggi parcheggiano la loro Ritmo in una strada di campagna nei pressi di Scandicci. Anche loro erano fidanzati e presto pensavano di sposarsi. Ma il destino ha deciso altrimenti: muoiono secondo un tragico copione già collaudato: rivoltellate e poi il macabro rito sul corpo della ragazza, con tre colpi di coltello l’assassino taglia e asporta il pube della donna. E infine, il delitto di pochi giorni fa, vittime nella campagna di Calenzano, Susanna Cambi e Stefano Baldi.

Sembrano sequenze di un film dell’orrore, quelle mediocri pellicole trasmesse a notte alta dalle televisioni private. Oppure episodi di romanzi fantastici, prodotti di una letteratura del mistero più anglosassone che latina, dove abbondano – fra tetri castelli e oscuri boschi – sadici pazzi assetati di sangue. Ma la realtà dei fatti accaduti in Toscana supera ogni immaginazione e provoca nell’opinione pubblica e fra gli stessi inquirenti un amaro senso di impotenza. La personalità dello sconosciuto assassino sembra sfuggire a ogni catalogazione: è un mostro, si dice, un malato, ma mai come in questo caso le definizioni appaiono generiche, sfuggenti alla minima certezza.

L’unica certezza è quella, ovvia, che si tratti della stessa persona. Lo confermano i particolari macabri dei tre duplici omicidi, la tecnica usata, l’arma, sempre la stessa, la calibro 22 e l’abilità «chirurgica» dell’assassino. Ma dove cercarlo? Dove indagare? 

«SE QUALCUNO HA VISTO, LA PAURA GLI CHIUDE LA BOCCA»

I funzionari della questura di Firenze dicono chiaramente di sperare in una soffiata o in una denuncia anonima. Hanno messo sottosopra il mondo dei «guardoni» che la notte compaiono nei viali delle Cascine, di piazzale Michelangelo, sulle colline di Fiesole, nelle campagne nei pressi della città. Così si è scoperto che i voyeurs sono una vera e propria legione, cinquecento circa, che occupa posti prestabiliti e non ammette interferenze di estranei. A volte i posti migliori vengono affittati per decine di biglietti da mille, ma sempre a gente conosciuta nell’ambiente. Uno di questi guardoni, un autista di Montelupo Fiorentino, è stato in carcere per cinque mesi sospettato dell’omicidio dei due fidanzati di Scandicci. Poi, giorni fa, dopo l’ultimo omicidio, è stato rilasciato.

Dice un commissario della questura fiorentina: «Non credo che l’assassino appartenga al mondo dei guardoni. Questi individui hanno tutto l’interesse a che nessuno turbi l’oggetto dei loro divertimenti. Più tranquillità c’è e più essi sono contenti». Ma come l’ignoto assassino può aver compiuto i suoi delitti senza che nessuno si sia accorto di niente? I luoghi frequentati dai giovani uccisi appartenevano a zone di caccia per voyeurs? «Sì, certo, è per questo che abbiamo interrogato centinaia di questi individui. Se qualcuno ha visto, la paura gli chiude la bocca ma prima o poi qualcosa salterà fuori».

L’incubo suscita ipotesi, provoca domande. Perché il mostro ha fatto trascorrere sette anni dal primo al secondo delitto? Dove è stato? All’estero, in una clinica? Non ci sono notizie dall’estero di delitti simili a questi e gli investigatori indagano in tutte le cliniche psichiatriche di Firenze e della Toscana. In questura arrivano ogni giorno decine di telefonate, di segnalazioni. La cittadinanza sta collaborando, il timore di nuovi omicidi spinge la gente a raccogliere l’appello degli inquirenti. Non è l’indiscriminata caccia alle streghe ma la consapevolezza che ogni indizio può essere utile alle indagini.

UN ASSASSINO PARANOICO DALLA DOPPIA VITA

Ha scritto Cinzia Cambi, sorella di Susanna: «Susanna e Stefano debbono essere le ultime vittime di questa ignota mano omicida. Anche noi dunque ci uniamo all’appello rivolto dagli inquirenti perché chiunque possa fornire anche una minima traccia che riesca a smascherare l’assassino, si faccia avanti».

L’identikit dell’omicida ha pochi tratti sfumati: secondo i medici legali che hanno compiuto la perizia necroscopica sui corpi dei poveri fidanzati, l’assassino è un individuo giovane, robusto, forte, sui trenta-trentacinque anni. Sa maneggiare con estrema precisione la pistola (e lo dimostrano i colpi messi a segno all’altezza del cuore) e soprattutto il rasoio o il coltello, l’arma che usa per infierire sui corpi della donna. I suoi efferati delitti non sono frutto di un raptus improvviso, ma di una estrema freddezza e lucidità: il tempo per compierli è abbastanza lungo, una ventina di minuti almeno, dal primo colpo di pistola all’ultimo colpo di rasoio.

Sono particolari che danno i brividi, ma necessari per tracciare il ritratto completo di un’ombra sulla cui personalità psicologica non sembrano esserci dubbi. L’assassino, dicono gli psicanalisti, è un paranoico che vive una doppia vita: dopo il delitto torna a essere perfettamente normale, i suoi stessi delitti, letti sulle pagine di un giornale, lo lasciano indifferente oppure li commenta con distacco. Appare estremamente difficile quindi che qualcuno, anche un familiare, possa accorgersi di avere in casa un pazzo assassino. Si ripete, quindi, l’immagine letteraria del dottor Jekyll e di mister Hyde, due personalità in un solo uomo, l’odio e la pazzia che coabitano in tempi diversi con la più assoluta normalità.

«HO DAVVERO PAURA CHE CI RIPROVERÀ MOLTO PRESTO»

Medici e inquirenti fiorentini sono convinti che l’assassino non abbia nulla a che fare con i guardoni. Il mostro non spia per trarre piacere ma soltanto per uccidere, per scatenare tutto il suo odio di impotente sul corpo della donna. E’ impossibile per lui frenare l’impulso che lo spinge a ripetersi. E allora, c’è da aspettarsi ancora un altro doppio omicidio? Fin quando durerà questo incubo? «Ho paura, vorrei che così non fosse, ma ho davvero paura che il pazzo ci riprovi molto presto», dice un funzionario della questura di Firenze. E aggiunge: «Stiamo facendo tutto il possibile, controlliamo, interroghiamo, esaminiamo ogni indizio, non trascuriamo nulla. Ma sono casi diversi da tutti gli altri perché abbiamo a che fare con l’irrazionalità e la pazzia. Le regole solite non valgono nulla».

Le auto della polizia di pattuglia nelle notti fiorentine illuminano i viali della Cascine, regno dei travestiti. Ogni tanto i fari scivolano su un gruppo di vetture, una accanto all’altra. Gli innamorati, dopo il terrore delle prime notti, continuano ad amarsi sotto la luna, senza timore. Il mondo equivoco della prostituzione, dei travestiti, degli spacciatori di droga, dei vagabondi, degli stessi guardoni sembra paradossalmente proteggere l’intimità di tanti giovani per i quali il mostro appare un incubo già lontano. Uscirà da questo strano mondo la «soffiata» buona per la polizia? Saranno loro, gli irregolari della notte, a denunciare il mostro proteggendo così le loro abitudini, i loro vizi?

C’è a Firenze chi crede in questa possibilità e ha lanciato una precisa proposta. E’ lo psicanalista Roberto Sicuteri il quale sostiene la necessità di convincere i giovani a non appartarsi nei boschi e nei campi. Sicuteri è convinto che nel mondo dei guardoni qualcuno sa e non vuole parlare. «Se i giovani non si lasciano più spiare nelle loro auto», sostiene Sicuteri, «se ai guardoni viene a mancare l’elemento che acquieta e nel tempo stesso accresce la loro ansia, allora si può essere certi che i guardoni si decideranno a parlare. E’ come un tossicodipendente al quale viene tolta l’eroina. Pur di ottenerla di nuovo sarà disposto a tutto, anche a tradire e a tradirsi. E inoltre, anche lo stesso mostro si troverebbe nell’impossibilità di ripetere il suo rito a addirittura di immaginarlo. E sarebbe portato a compiere gesti destinati a tradirlo».

Nel tunnel senza uscita delle indagini anche questa proposta può apparire sensata. E’ un tentativo per stanare un pazzo che uccide e odia la gente che si ama. Come si amavano Stefania e Pasquale, Carmela e Giovanni, Susanna e Stefano prima che dal buio della notte uscisse il gelido fantasma della morte.