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La barbara esecuzione del capitano Straullu

Redazione Spazio70

Nello stesso agguato perderà la vita anche la guardia scelta di pubblica sicurezza Ciriaco Di Roma

Acilia, 21 ottobre 1981. Sono trascorsi soltanto due giorni dalla mattanza di Milano, col duplice omicidio degli agenti della Digos Vincenzo Tumminello e Carlo Buonantuono, ma i Nar non hanno alcuna intenzione di prendersi una pausa. Per quel 21 ottobre è in programma un’operazione estremamente cruenta, pianificata da tempo e con dovizia di dettagli. Si tratta di un duplice omicidio che dovrà essere sigillato da un macabro rituale di morte, un gesto orrendo, sdegnoso ed inquietante ma dal forte valore simbolico. Un gesto che servirà a seminare terrore su terrore e mostrerà a tutti l’enorme disprezzo della banda verso un rappresentante della forza pubblica. Gilberto Cavallini ha con sé una lancia da pellirossa, una di quelle armi lunghe e affilate che si vedono nei film con gli indiani d’America. Quell’arnese dovrà essere conficcato nel cuore del capitano della Digos Francesco Straullu, ma solo dopo averlo trucidato con proiettili super-perforanti. Il piano prevede fiumi di sangue, ma i risvolti dell’operazione si riveleranno ancora più brutali del previsto.

UN’AUTO BLINDATA? NO, UNA SEMPLICE «RITMO»

Francesco Straullu e Ciriaco di Roma

Straullu è uno dei personaggi più odiati dai terroristi della capitale. Alcuni di essi lo descrivono come un duro, altri come un cinico picchiatore, altri ancora come un vero e proprio sadico, un balordo, un torturatore senza scrupoli. Soltanto voci. Da alcuni confermate, da altri smentite, ma pur sempre voci, come quelle che spiegheranno la ferocia di quell’omicidio riconducendolo a un’operazione dettata da banali motivi passionali, rintracciando il reale movente di quel gesto nella relazione del poliziotto con la donna di un militante neofascista. Ad ogni modo, ciò che è certo è che Straullu è uno dei veri protagonisti della lotta al terrorismo e il suo lavoro ha condotto in breve tempo a numerosi arresti. Per i Nar questo è sicuramente un buon motivo per toglierlo di mezzo. Per farlo, tuttavia, non sono sufficienti le solite armi: ci vuole artiglieria pesante. Straullu è protettissimo. Lui e il suo collega, Ciriaco Di Roma, viaggiano sempre a bordo di un’auto blindata: o meglio, quasi sempre.

Con grande sorpresa da parte di tutti i membri del commando, quella mattina i due uomini vengono avvistati sui sediolini di una semplice Fiat Ritmo. Le armi di cui dispone il gruppo di fuoco, tuttavia, sono quelle pensate per annientare la massiccia resistenza di una carrozzeria blindata. Dopo aver sfondato i vetri di una «tenera» utilitaria, quei micidiali proiettili avranno effetti devastanti sui corpi degli agenti. Sta per succedere un macello.

L’auto rossa del capitano esce da una galleria sulla via Ostiense. Gli uomini del commando sono tutti in strada ad aspettare. Walter Sordi imbraccia un potente fucile d’assalto Heckler & Koch G3 e dopo essersi messo al centro della carreggiata apre il fuoco contro la Ritmo. Seguono i colpi del Garand di Alessandro Alibrandi. L’auto perde il controllo e una volta uscita dal tunnel viene investita anche dalle raffiche degli M12 di Cavallini e Soderini per poi finire fuori strada. Gli occupanti della vettura sono stati travolti da almeno una cinquantina di pallottole ad altissimo potenziale offensivo e lo spettacolo che si presenta all’interno del veicolo è talmente raccapricciante che Cavallini preferisce rinunciare allo sfregio con la lancia.

UN VOLANTINO DI RIVENDICAZIONE PARTICOLARMENTE MACABRO

I corpi appaiono dilaniati, come se fossero parzialmente esplosi. Pezzi di cervello sono sparsi per tutto l’abitacolo tra pozzanghere di sangue, brandelli di carne e rivoli di materiale organico. Francesca Mambro dovrebbe rubare le armi ai due cadaveri, ma le viene impedito di avvicinarsi a quella macchina. I suoi camerati preferiscono risparmiarle la scena, un simile orrore sarebbe eccessivo anche per lei che di sangue ne ha visto in abbondanza.

L’orribile omicidio verrà rivendicato con il seguente, macabro, volantino:

«Mercoledì 21 ottobre alle 8.50 abbiamo giustiziato i mercenari torturatori della DIGOS Straullu e Di Roma. Ancora una volta la Giustizia Rivoluzionaria ha seguito il suo corso e ciò resti di monito per gli infami, gli aguzzini, i pennivendoli. Chi ancora avesse dei dubbi circa la determinazione e la capacità dei combattenti rivoluzionari ripercorra le tappe di questo ultimo anno e si accorgerà che il tempo delle chiacchiere è finito e la parola è alle armi […]. Non abbiamo né poteri da inseguire né masse da educare; per noi quello che conta è rispettare la nostra etica per la quale i Nemici si uccidono e i traditori si annientano. La volontà di lotta ci sostiene di giorno in giorno, il desiderio di vendetta ci nutre. Non ci fermeremo! Non temiamo né di morire né di finire i nostri giorni in carcere; l’unico timore è quello di non riuscire a far pulizia di tutto e di tutti, ma statene certi, finché avremo fiato, non ci fermeremo […]. Mercoledì, per ultimo, è toccato a Straullu. I suoi misfatti erano ben superiori al già grave fatto di appartenere alla cricca degli aguzzini di Stato […] ben sappiamo in che condizioni taluni camerati sono usciti dal suo ufficio, dopo ore di sevizie. Ben sappiamo le pratiche laide che adottava nei confronti delle donne dei camerati in galera. Ben sappiamo come osava vantarsi di tutto ciò. Finché la mano della giustizia l’ha raggiunto e annientato,come non tarderà a raggiungere ed annientare chiunque lo meriti».

Il 31 Marzo 2005, i due poliziotti verranno insigniti della Medaglia d’Oro al Merito Civile «alla Memoria» .