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Empoli, 24 gennaio 1975. La fine degli agenti Giovanni Ceravolo e Leonardo Falco

Redazione Spazio70

L'epilogo tragico di un apparentemente banale controllo di routine

Empoli, 24 gennaio 1975. Ore 20:30. Un’auto della Polizia sta percorrendo via Boccaccio. C’è da effettuare un controllo nell’ambito di un’operazione anti-terrorismo. A seguito del recente attentato alla linea ferroviaria di Terontola, la procura di Arezzo sta indagando sulle cellule toscane dell’estrema destra eversiva. Le ricerche sono giunte a una sigla che opera nella regione, il Fronte Nazionale Rivoluzionario. L’appuntato Giovanni Ceravolo è al volante della Giulia grigio-verde. Siedono nella vettura anche l’agente Arturo Rocca e il vice-brigadiere Leonardo Falco. Alcune intercettazioni telefoniche hanno condotto gli inquirenti a un personaggio insospettabile, un dipendente comunale incensurato noto in città per essere uno stimato professionista e un onesto padre di famiglia. Il suo nome è Mario Tuti, geometra presso l’ufficio tecnico del «rosso» comune di Empoli. Ma questo signore è noto anche per un’altra caratteristica: la sua grande passione per le armi. Tuttavia, si tratta di un interesse giustificato dagli hobby della caccia e del tiro a segno.

«BUONA SERA, ENTRATE PURE»

Giunti all’altezza del civico 25 gli agenti bussano alla porta del geometra. I poliziotti sono rilassati, in programma per loro, dopo la perquisizione, c’è una cena tra colleghi in trattoria. Inoltre non hanno motivo di essere preoccupati, conoscono Tuti come una persona tranquilla e sanno che in casa con lui abita anche un bambino di due anni. «Buona sera, entrate pure». Anche il signor Mario sembra a suo agio e lascia accomodare le forze dell’ordine nell’appartamento. L’impiegato non perde tempo e apre subito uno stanzino per mostrare agli agenti la sua collezione: un vero e proprio arsenale. «Sono tutte armi regolarmente dichiarate». O meglio, quasi tutte. Durante il controllo iniziano a spuntare le prime detenzioni irregolari. Ceravolo scende in macchina per ricevere istruzioni via radio.

Al padrone di casa viene chiesto di fare un salto in centrale poiché ci sono alcune cose da chiarire. L’atteggiamento del geometra cambia radicalmente. Dopo aver teso una mano alla rastrelliera, Tuti impugna un fucile semiautomatico SIG calibro 7,62 di fabbricazione svizzera e spara senza pietà verso gli agenti. Il dramma si consuma in pochi secondi. Leonardo Falco muore sul colpo. Arturo Rocca, gravemente ferito, si contorce al suolo in una pozza di sangue. L’agente Ceravolo nel frattempo ha udito gli spari ed è sceso dalla vettura. Tuti lo batte sul tempo sparando un’altra raffica in strada.

Il bilancio finale è di due poliziotti uccisi ed un terzo in gravissime condizioni. Leonardo Falco, 52 anni, lascia una moglie e tre figli. Giovanni Ceravolo, 44 anni, lascia una moglie e un figlio.

LO STRANGOLAMENTO DI BUZZI E «LA RIVOLTA DEI MARIO»

Dopo aver preso qualche altra arma dal proprio arsenale, Tuti sale a bordo di una Fiat 128 e si dilegua con estrema rapidità. Sulla testa del neofascista viene affissa una taglia di 30 milioni di lire, ma la latitanza durerà oltre sei mesi di estenuanti ricerche. Grazie alla soffiata di Mauro Mennucci (un neofascista pisano che sette anni dopo finirà ucciso dai NAR) in data 27 luglio 1975 il super-ricercato viene ferito e catturato a Saint-Raphaël, sulla Costa Azzurra, dopo un blitz guidato dal questore Giorgio Criscuolo e dal commissario Mario Vecchi in un’operazione di polizia in collaborazione tra agenti italiani e francesi. Mario Tuti ha ora da scontare un ergastolo.

Nel 1981 il terrorista nero torna ad occupare le pagine dei giornali con l’omicidio di Ermanno Buzzi nel carcere di Novara. Il neofascista bresciano, accusato di essere un confidente dei carabinieri, viene strangolato in cortile «a quattro mani» con la complicità di Pierluigi Concutelli. Nel 1987, dopo cinque anni di isolamento nei braccetti dell’articolo 90 aggravato, con una pistola in pugno Mario Tuti tiene l’Italia intera con il fiato sospeso per otto giorni, guidando la più eclatante sommossa carceraria della storia della Repubblica Italiana. La rivolta di Porto Azzurro, nota anche come «La rivolta dei Mario» poiché messa in atto dagli ergastolani Mario Tuti, Mario Ubaldo Rossi, Mario Maroccu, Mario Cappai, Mario Tolu e Gaetano Manca.

Dopo la sommossa, all’ergastolo da scontare vengono aggiunti altri quattordici anni di detenzione. Tuttavia, grazie alla buona condotta, nel 2004 Mario Tuti ottiene la semilibertà con il lavoro esterno. Attualmente lavora presso una comunità di recupero per tossicodipendenti, la «Mondo nuovo» di Tarquinia.